Manicomio di Volterra, visita fra i suoi misteri e la sua storia

Manicomio di Volterra, il manicomio abbandonato

L’ articolo che state per leggere è molto diverso da quelli a cui vi ho abituato finora.

Non sarà un articolo leggero e spensierato come il mio solito, qui non vi descriverò la bellezza del luogo visitato, oppure la mia gioia di essere lì……

Ma sarà più un viaggio introspettivo, di sensazioni per la maggior parte neanche tanto positive….

L'Ex Manicomio di Volterra

L’Ex Manicomio di Volterra

Siamo andati a visitare l’ex Manicomio di Volterra, l’istituzione per il ricovero dei malati mentali, nata nel 1887, che è stata una fra le strutture del genere più grandi d’Italia.

Basti pensare che la sede dell’Ospedale corrispondeva e corrisponde tuttora alla zona Borgo San Lazzero e verso la metà del secolo scorso si arrivò a contare quasi 5.000 “malati” al suo interno.

Al momento tutto il comprensorio dell’ ex Manicomio di Volterra è in stato di abbandono dal 1978, in seguito alla legge n. 180 con la quale tutti i manicomi furono chiusi.

La visita è stata possibile grazie all’ associazione culturale a tema “urbex” e non a scopo di lucro,”I Luoghi dell’abbandono”nata nell’ottobre 2015 con lo scopo di ricercare, documentare e valorizzare i luoghi abbandonati.

Da qualche tempo vengono organizzate anche delle uscite di gruppo dove grazie al lavoro di bravissimi fotografi, si può visitare, scattare fotografie ed imparare molto dal lavoro di questi professionisti

Si è voluto creare un ‘associazione proprio per dare un valore legale a ciò che si faceva e evitare quindi violazioni e denunce.,

Presidente di questa associazione è Devis Vezzaro, un fotografo con la voglia di scoprire e mostrare questi luoghi abbandonati.

Per tutte le info, e per avere il calendario delle nuove uscite, si può consultare la pagina facebook ufficiale.

E pensate che da quando la pagina è nata Devis insieme ai vari collaboratori hanno visitato più di 400 posti in tutta Italia: ex manicomi, fabbriche, discoteche, alberghi case e miniere.

Un vero spaccato dell’Italia che ora non c’ è più.

L'Ex Manicomio di Volterra

L’Ex Manicomio di Volterra

Nel nostro caso visitare l’Ex Manicomio di Volterra,ci è servito per capire e comprendere  un luogo che tante volte suscita sentimenti di paura, angoscia e solitudine.

Perché ritengo che il nostro futuro si basi sul nostro passato, e si deve cercare quindi di conoscere , ma soprattutto non ripetere gli stessi errori fatti tempo addietro.

Con la visita guidata si conosce la storia e la vita che girava intorno a questo ospedale psichiatrico, che era a tutti gli effetti un vero e proprio villaggio e che vide sotto l’amministrazione del Dott.Luigi Scabia il suo periodo di” massimo splendore”

L'Ex Manicomio di Volterra

L’Ex Manicomio di Volterra

Scabia contribuì in modo originale alle pratiche di ergoterapia e no-restrainct.

L’ergoterapia, ossia terapia del lavoro, prevedeva lo svolgimento di un’attività pratica da parte del malato in vista della guarigione o per lo meno di una stabilizzazione della malattia.

La terapia del no-restrainct prevedeva la limitazione (non l’abolizione) dei mezzi di contenzione fisica del malato.

Scabia voleva sviluppare il concetto di villaggio autonomo, dove l’ammalato non doveva sentirsi rinchiuso fra quattro mura, ma come in famiglia, libero di girare nei pressi dell’ospedale e nella campagna circostante.

L'Ex Manicomio di Volterra

L’Ex Manicomio di Volterra

Per fare ciò Scabia fece costruire all’interno dell’ospedale una falegnameria, un panificio, una lavanderia, un’officina elettrica, una calzoleria, botteghe di stagni e fabbri, vetrai, addirittura una fornace per la fabbricazione dei mattoni da utilizzare nei padiglioni da costruire.

Gli ammalati avevano così qualcosa da fare e servivano anche per il sostentamento della città di Volterra stessa, infatti durante la seconda guerra mondiale, quando non c’era energia elettrica in città, furono i cosiddetti “matti” a impastare il pane a mano, e provvedere così al fabbisogno della popolazione!

L’ergoterapia aveva alimentato un’attività di notevole consistenza sul piano economico e produttivo, che però  veniva anche spesso scambiato per sfruttamento della forza lavoro dei ricoverati, non a caso a Scabia venivano rivolte molte critiche in tal senso.

L'Ex Manicomio di Volterra

L’Ex Manicomio di Volterra

Purtroppo dopo la morte di Scabia ci furono gli anni bui della Guerra e del successivo dopo guerra, e anche se i  suoi successori  cercarono di seguire le sue direttive, si rafforzò sempre più il regime poliziesco e il verticismo organizzativo.

Il clima era carcerario: gli infermieri venivano chiamati “guardie” o “superiori” (avevano il ruolo di custodia e di sorveglianza)

E anche la loro uniforme aveva un che di militaresco, le finestre dei reparti erano protette da sbarre che di notte venivano chiuse a chiave.

Questi furono sicuramente gli anni più bui dell’intera struttura.

I ricoverati non erano più visti come persone, ma come numeri, e  come tali venivano trattati.

Se si pensa che la maggior causa dell’ internamento di una persona a quel tempo era la miseria , oppure la sfortuna di essere il terzo figlio ( è più facile dividere l’ eredità in numero pari)!

O la sfrontatezza di essere un po’ più eccentrico ( bastava uscire di casa con il cappello alla rovescia, e allora si veniva tacciato come matto…..)

Bastava poco per finire qui, ma la cosa più brutta e che poi si veniva dimenticati dalla famiglia come se non si fosse mai esistiti……

.E i giorni si susseguivano ai giorni, tutti uguali, alla mercè degli esperimenti o delle prove che infermieri o dottori potevano fare su loro stessi  senza nessuno che li difendesse…….

Un ‘atrocità senza pari!

L'Ex Manicomio di Volterra

L’Ex Manicomio di Volterra

In questo periodo fu rinchiuso ingiustamente Oreste Nannetti, reo di aver risposto male a un ufficiale, fu trasferito dalla sua amata Roma a Volterra e qui rinchiuso.

Da quel momento smise di parlare, ma lo fece solo con la voce, perché la sua mano divenne il suo strumento per esprimersi al mondo e grazie alla fibbia del suo panciotto, scrisse  e incise 180 metri e 22 cm, di pensieri, parole, nomi, città, sull’ intonaco della parete del Padiglione Forti.

Tutti i giorni dalla mattina alla sera, con il sole, con la pioggia, per anni instancabile continuava a scrivere, schivando le teste dei malati catatonici seduti su una panchina, oppure sfidando le ire di infermieri più severi.

Lui imperterrito continuava, cercando di lasciare un messaggio al prossimo un “Ci sono, Io Esisto” nonostante tutta la sua famiglia lo avesse dimenticato e lasciato al suo destino.

Solo quando i manicomi grazie alla legge Basaglia furono chiuse, e le porte di quello di Volterra furono aperte, il mondo potè scoprire cosa Oreste ci avesse lasciato in eredità.

Un altro artista Miro Trafeli lo mostrò al mondo e grazie alle foto di Nello Manoni ,  e alla traduzione dell’ infermiere Aldo Trafeli, che per anni aveva visto Nannetti incidere qui testi, adesso anche noi possiamo ammirare le parole di Oreste.

E’ stato creato un museo con tutti i cimeli, le attrezzature e soprattutto il graffito  che si può visitare grazie all ‘associazione “Inclusione Graffio e Parola”, con l’ intento di salvare dall’ abbandono e dall’ ingiuria del tempo quel poco che è rimasto del Manicomio.

L'Ex Manicomio di Volterra, il graffito di Oreste Nannetti

L’Ex Manicomio di Volterra, il graffito di Oreste Nannetti

Testimonianze di tante vite interrotte, malati o supposti tali, che sono vissuti e poi morti fra queste mura, con le loro grida silenziose, i loro pianti, e la loro rassegnazione….

Girare fra quelle stanze, vedere con i nostri occhi quei luoghi di sofferenza come ho già detto non è stato piacevole, ma da una parte sono contenta che l ‘abbiamo fatto, proprio per non dimenticare, per ricordarsi di quelle sfortunate persone, che ora grazie a Oreste Nannetti  e queste due associazioni, hanno di nuovo una voce!

Ringraziamo per la gentile concessione delle foto di repertorio!

Alla prossima

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Elisa

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